Sapere come diventare imprenditore agricolo professionale potrebbe essere molto utile ai fini fiscali. La legge non è chiara ma noi oggi ti spieghiamo passo passo come e cosa devi fare.
Indice
Come era in passato…
Prima di vedere come diventare imprenditore agricolo professionale, vediamo da dove nasce questa figura.
Prima di tutto va detto che l’insieme di leggi in materia di agricoltura è un intreccio di norme che da anni caratterizza il settore primario, dalla produzione alla commercializzazione dei prodotti.
Una volta che, nel 1972, la Comunità Europea abbandonò il programma “Agricoltura ‘80” di Sicco Mansholt (che avrebbe voluto dare degli aiuti agli Stati) si decise che da quel momento in poi sarebbero state aiutate tutte le imprese agricole capaci di svilupparsi.
Così, la direttiva n. 159 del 17 aprile 1972 introdusse la figura dell’imprenditore agricolo a titolo principale (I.A.T.P.).
Questo soggetto, destinatario degli aiuti finanziari comunitari, si caratterizzava per il fatto che, possedendo una sufficiente capacità professionale (acquisita con un titolo di studio o con esperienza nell’attività agricola), esercitava l’attività agricola per almeno il 50% del suo tempo di lavoro traendo da essa almeno il 50% del suo reddito.
Gli altri due requisiti imprescindibili di tale figura erano quelli che consistevano nell’elaborazione di un piano di sviluppo (piano marketing) e nell’impegno, da parte dell’agricoltore, di tenere la contabilità.
Com’è oggi
Ben presto, la figura dell’imprenditore agricolo a titolo principale ha subito delle modifiche, fintanto che la Comunità Europea ha deciso di cancellarla del tutto e che:
“possono godere delle sovvenzioni comunitarie possono beneficiare solo coloro che, avendo una competenza professionale adeguata (per titolo di studio o per esperienza), sono titolari di un’azienda che dimostri redditività, cioè di un’azienda vitale e capace di produrre reddito”.
In altre parole, ciò che le norme europee chiedono all’imprenditore agricolo affinché questo possa ricevere soldi dai PSR e altri aiuti finanziari, non è più una particolare quantità di lavoro o una particolare quantità di reddito agricolo, ma è una “dedizione” all’azienda agricola tale da renderla capace di produrre utili.
Quindi, per l’Europa, l’efficienza di un’azienda agricola si misura sulla capacità di stare sul mercato, tramite la redditività, appunto.
Tutto questo arriva in Italia nel 2004, tramite due decreti legislativi, il n. 99 del 29 marzo 2004 e il n. 101 del 27 maggio 2005, con cui l’Italia ha provveduto ad avvicinare il mondo dell’agricoltura nazionale a quello dell’Unione Europea.
Ecco quindi che nasce lo IAP, imprenditore agricolo professionale.
L’imprenditore agricolo professionale è un soggetto, agricoltore, che è in possesso di conoscenze e competenze professionali specifiche, cioè quelle competenze richieste dalla normativa comunitaria (UE).
Tuttavia, l’Italia non ha abbandonato il doppio riferimento al lavoro e al reddito, perché pretende che l’agricoltore, per essere IAP, dedichi alle attività agricole almeno il 50% del suo tempo di lavoro complessivo e ricavi da esse almeno il 50% del proprio reddito globale di lavoro, oppure un lavoro e un reddito pari al 25% qualora operi nelle zone svantaggiate (art. 1 D.L. n. 99/2004).
Come diventare imprenditore agricolo professionale
Per l’Italia, la quota di lavoro che abbiamo detto prima (50%) dell’imprenditore agricolo professionale non ha alcun riferimento alle esigenze lavorative dell’azienda in cui l’agricoltore svolge la sua attività.
In altre parole, io posso avere un’azienda che (per la sua ampiezza, ecc.) richiede 12 ore di lavoro al giorno.
Ma posso anche essere un agricoltore che per metà giornata (4 ore) lavoro in azienda e l’altra metà (altre 4 ore) lavoro presso un ente pubblico.
La totalità del mio lavoro giornaliero è di 8 ore, ma la mia azienda ne richiede 12. Quindi, le altre 4 ore come le gestisco?
Ecco che in risposta ci viene in aiuto un’altra norma: l’imprenditore agricolo professionale, coltivatore diretto, è considerato tale se le ore del suo lavoro ricoprono almeno 1/3 (33,3%) del lavoro nella sua azienda agricola.
Quindi, secondo l’esempio precedente, se la mia azienda richiede 12 ore di lavoro e io ne ricopro almeno 4 (12 : 3 = 4) nell’attività agricola in essa, posso essere considerato imprenditore agricolo professionale, coltivatore diretto.
Questo è un grande vantaggio per gli agricoltori italiani, in quanto anche il piccolo imprenditore agricolo professionale (coltivatore diretto) può godere dei benefici finanziari derivanti dall’Europa.
Ecco perché è importante sapere come diventare imprenditore agricolo professionale.
Così, l’assimilazione dell’imprenditore agricolo professionale al coltivatore diretto risponde all’esigenza di avere, per la legge italiana, una sola figura professionale corrispondente a quella unica dettata dall’Unione Europea, col fine di avere sovvenzioni e vantaggi.
Il piccolo imprenditore agricolo: il coltivatore diretto
La figura del coltivatore diretto è tipica della legislazione italiana e risale alla legge n. 383 del 15 luglio 1906 sull’agricoltura meridionale.
Tale legge riconobbe il beneficio dell’anticipazione delle sementi agli affittuari che fossero contadini e lavorassero direttamente e personalmente un fondo agricolo con superficie proporzionata a quella che poteva essere lavorata da una famiglia, sia pure con l’aiuto di operai.
Lo stesso Codice Civile cita più volte, in alcuni articoli, il piccolo imprenditore includendo “i coltivatori diretti del fondo, gli artigiani, i piccoli commercianti e coloro che esercitano un’attività professionale…”.
Differenze tra IAP e coltivatore diretto
Sapere come diventare imprenditore agricolo professionale non basta. L’altra figura molto simile, come abbiamo detto, è il coltivatore diretto.
A differenza dell’imprenditore agricolo professionale, IAP, il coltivatore diretto è sempre (per l’Italia) un piccolo imprenditore, destinatario di quelle (benché ormai poche) disposizioni di favore che le nostre leggi riconoscono a tutti i piccoli imprenditori.
Tra queste poche disposizioni, la più importante è quella del diritto di prelazione.
Il diritto di prelazione, secondo la legge italiana, è quel diritto in capo ad un medesimo soggetto ad essere preferito, rispetto ad un altro a parità di condizioni, nella costituzione di un negozio giuridico. La prelazione può essere volontaria, oppure legale.
La prelazione non è altro che la preferenza di un soggetto rispetto ad un altro.
Requisiti
Ora che sai come diventare imprenditore agricolo professionale, vediamo quali sono i requisiti richiesti dalla legge.
La normativa stabilisce che la qualifica di imprenditore agricolo professionale (IAP) può essere richiesta da chi:
- possiede conoscenze e competenze professionali (art. 5 del Regolamento CE n. 1257/1999);
- dedica all’attività agricola (di cui all’art. 2135 del Codice Civile) almeno il 50% del proprio tempo di lavoro complessivo;
- ricava dall’attività agricola almeno il 50% del proprio reddito globale di lavoro.
Tutti questi requisiti sono ridotti del 25% nel caso in cui i terreni dell’azienda agricola si trovino in zone svantaggiate.
Per quanto riguarda il primo punto, vengono considerati i seguenti titoli di studio:
- Diploma di Istituto Tecnico Agrario
- Lauree Triennali in Agraria ed equipollenti
- Lauree Magistrali in Agraria ed equipollenti
- Altri diplomi rilasciati da Enti di Formazione Certificati
Quindi, nel caso in cui la persona che ha intenzione di diventare imprenditore agricolo professionale non abbia alcun titolo di studio, può rifarsi seguendo dei corsi indetti da vari enti, come per esempio Coldiretti o Confagricoltura.
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