La rivolta dei pastori, iniziata in Sardegna e ora in via di diffusione a macchia d’olio in tutta Italia, tiene ancora banco sulle prime pagine dei giornali e dei notiziari.
Oggi sono in corso gli incontri tra il ministro dell’agricoltura Centinaio e le delegazioni degli industriali e dei pastori.
Il tavolo delle trattative è ancora lontano dal concludersi: dopo il rifiuto dell’offerta avanzata ai pastori, che hanno rigettato l’idea del prezzo a 70 centesimi così come presentata dagli industriali, il ministro sta procedendo con incontri separati tra le parti in causa.
Assolatte fa sapere che la richiesta di 1 euro al litro di latte di pecora non è impossibile da accettare, ma che si dovrebbe ripartire subito accordandosi sui 70 centesimi per i primi mesi, e poi ritornare al tavolo delle trattative e aggiornare il prezzo.
Opzione radicalmente rifiutata dai pastori. E questo genera una preoccupazione seria non solo per il ministro Centinaio, ma anche per altre forze politiche.
Possiamo ben dire che i pastori sardi non erano mai stati presi sul serio così come lo sono adesso, ma non è di certo la prima volta che presentano questo problema alle forze politiche.
Come ci ha confermato l’allevatore Mauro Carletti, da noi intervistato proprio sulla rivolta dei pastori sardi, il problema del prezzo del latte al litro è un problema vecchio vent’anni.
Alcuni ricorderanno la protesta dei pastori sardi al G8 di Genova del 2001; da allora, ogni anno, nelle loro città o durante le manifestazioni politiche in giro per l’Italia, la pastorizia ha cercato di far sentire la propria voce, purtroppo invano.
Perché, quindi, l’ascolto arriva soltanto adesso?
Un’enorme cassa di risonanza è rappresentata dai social, che hanno dato risalto ai video e alle immagini del latte gettato a terra dai barili.
In più, queste forme di protesta non sono organizzate da sindacati, associazioni di categoria e gruppi organizzati.
Al contrario: sono iniziative di singole persone o di piccoli gruppi di pastori, i classici vicini di casa o abitanti della stessa città, che si sono finalmente uniti in una disperazione reale, senza bandiere.
La vera novità è proprio questa: a parlare sono le persone, né i politici, né i politicanti. E quello che chiedono è molto chiaro: non vogliono aiuti dallo Stato o finanziamenti per un paio d’anni; vogliono arrivare alla fine della giornata con le loro forze e le loro gambe. 60 centesimi al litro non è il prezzo giusto per raggiungere questo obiettivo.
Mentre in Sardegna continuano le manifestazioni, tra strade bloccate, produzioni rallentate e assalti ai furgoni, in altri luoghi d’Italia le rimostranze prendono ancor più coraggio.
E’ il caso, ad esempio, di Cascia (PG), gemellati con i sardi dai tempi della Sa Paradura del terremoto del 2006, dove oggi si è svolta una marcia organizzata dal gruppo locale di allevatori e pastori.
Ancora una volta, senza associazioni di categoria, senza bandiere. Le vere persone che aiutano altre persone.
Finalmente i pastori hanno ottenuto l’ascolto che chiedevano da due decenni, e che inspiegabilmente non era stato dato prima.
Il problema non può essere sottovalutato. Guardiamo ai numeri: in Sardegna esistono oggi 12 mila allevamenti di pecore, con un totale di 2,6 milioni di pecore allevate.
Ciò costituisce da solo il 40% degli allevamenti italiani di pecore, con una produzione di 3 milioni di quintali di latte ogni anno.
Perché è un problema impossibile da ignorare? Basti pensare alla trasformazione di questo latte: circa il 60% viene utilizzato per la produzione di pecorino romano, un simbolo del Made in Italy, un’intera industria che rischia di sparire per sempre.
Per sensibilizzare alla questione del prezzo del latte, in diverse piazze italiane Coldiretti ospiterà il primo “Pecorino Day” con degustazioni e preparazioni dal vivo che dureranno per tutta la giornata del 16 febbraio.
Tra le città aderenti menzioniamo Vicenza, Torino, Roma, Napoli, Lecce, Catania e Trapani.
Di certo non basterà questo a risolvere il problema, ma è importante che i consumatori di latte di pecora e derivati, nonché di altri tipi di latte, conoscano la difficile vita che conducono oggi giorno gli allevatori che garantiscono sulle nostre tavole un bene così prezioso per noi.
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