Tra le piante da foraggio che apportano enormi benefici nell’alimentazione del bestiame rientra il trifoglio alessandrino, una specie molto diffusa anche sul suolo italiano.
Impariamo a conoscere i segreti e le tecniche di coltivazione del trifoglio alessandrino, scoprendo anche gli effetti migliorativi di questa pianta sulla salute del terreno.
Indice
Trifoglio alessandrino: caratteristiche botaniche
Il trifoglio alessandrino (Trifolium alexandrinum, L.) è una pianta foraggera annuale appartenente alla famiglia delle leguminose.
E’ diffusa sia nelle regioni mediterranee, con presenza annuale, sia nel Nord Europa, dove però si trova solo durante le stagioni più calde (primavera-estate).
Le origini della pianta si ritrovano in Asia, soprattutto in India. Oltre a quest’area e al bacino mediterraneo, il trifoglio alessandrino si ritrova anche in alcune coltivazioni nella parte inferiore degli Stati Uniti, dove il clima è più temperato anche in inverno.
Il trifoglio alessandrino si distingue in 4 biotipi e almeno 7 varietà registrate in Italia.
Tra i biotipi, diversi tra loro per caratteristiche botaniche e capacità di ricaccio, distinguiamo:
- Saidi, caratterizzato da ramificazione profonda, alta resistenza alla siccità e 2-3 tagli;
- Miskavi, quella più diffusa in Italia, caratterizzata da uno sviluppo precoce e 3-4 tagli;
- Fahl, in grado di fornire un taglio soltanto;
- Kadrawi, il biotipo a ciclo più lungo, capace di fornire 2-3 tagli.
Le varietà registrate in Italia sono sette: Akenaton, Alex, Axe, Laura, Miriam, Lilibeo e Sacromonte.
Andiamo alle caratteristiche della pianta.
Il trifoglio alessandrino si presenta con fusto eretto, steli cavi all’interno, foglie trifogliate con peduncolo lungo, germogli basali prodotti sulle gemme del colletto e fiori bianchi.
Trifoglio alessandrino: come coltivarlo
Come molte piante foraggere, il trifoglio alessandrino non è una pianta difficile da seguire e coltivare.
Per ottenere una buona resa basterà seguire poche e semplici regole, che riguardano soprattutto la scelta del luogo in cui collocare la pianta e la preparazione del terreno prima della messa a dimora.
Terreno
Il trifoglio alessandrino è una pianta capace di adattarsi a molti tipo di terreno, sia argillosi che alcalini, a patto che siano ben drenati e sciolti per permettere all’importante apparato radicale di svilupparsi in maniera corretta.
Il valore di pH ideale è compreso tra 6 e 8, quindi la pianta non cresce bene su suoli acidi.
Proprio per le radici di tipo fittonante, ricche di tubercoli, il trifoglio è considerata una pianta miglioratrice del terreno.
Per questo motivo viene spesso coltivato per uno o due anni prima di destinare il terreno alla coltivazione di frumento.
Clima ed esposizione
Il clima temperato è fondamentale per la corretta crescita del trifoglio alessandrino.
Mentre non tollera temperature inferiori a 0 gradi, prospera bene laddove le temperature medie si aggirano intorno ai 15-20 gradi, resistendo addirittura fino ai 40 gradi e in condizione di alta siccità.
Per germogliare, la pianta ha bisogno di una temperatura di almeno 8-9 gradi. La fioritura si attiva intorno ai 18°-20°, generalmente tra marzo e aprile se coltivata in autunno e tra giugno e agosto se coltivata in primavera.
Irrigazione
Come accennato, il trifoglio alessandrino è una specie caratterizzata da un’alta resistenza alla siccità.
Nelle regioni del nord la normale pioggia è sufficiente per soddisfare la necessità di acqua della pianta.
Dove, invece, il clima è più caldo e le piogge più rade, la coltura è solitamente asciutta.
Concime
La concimazione, nel caso del trifoglio alessandrino, non è necessaria.
In quanto leguminosa la pianta è naturalmente fissatrice di azoto atmosferico, quindi le concimazioni azotate non sono affatto richieste.
Solo nel caso di terreni impoveriti da precedenti coltivazioni si potrebbe aggiungere del potassio al terreno durante la lavorazione che precede la semina.
Semina
Prima di essere seminato, il terreno necessita di una lavorazione accurata per affinarlo in modo da evitare che il seme vada in profondità.
Nei terreni argillosi, soprattutto nel sud Italia, si è solito eseguire una aratura profonda circa 30 cm, dei lavori di erpicatura e di pareggiamento della superficie.
La semina va eseguita creando dei buchi di massimo 1 cm di profondità, a file distanti almeno 15 cm.
Nei paesi mediterranei si semina soprattutto in autunno. La semina può anche essere effettuata a fine inverno, quando eventuali gelate di ritorno sono scongiurate, per ottenere una produzione anche in primavera.
Usi del trifoglio alessandrino
La raccolta del trifoglio alessandrino si effettua solitamente per mezzo della mietitrebbia.
Gli usi principali della pianta riguardano sia la produzione di seme che l’uso come mangime per gli allevamenti e per la produzione di fieno.
Pascolamento
Il trifoglio coltivato in erbaio diventa adeguato al pascolamento dopo circa 3 mesi nella semina autunnale e dopo meno di due mesi in quella primaverile.
L’altezza ideale della cotica è di circa 20 cm; alla fine del periodo di pascolamento, le piante non devono essere più alte di 5-7 cm.
Produzione di fieno
Il momento ideale per raccogliere le piante per la fienagione è prima della fioritura, interrompendo l’eventuale pascolamento entro inizio marzo.
Consociare la coltivazione con quella di alcune graminacee tardive, come l’orzo o l’avena, consente di perdere meno foglie durante la raccolta per il fieno.
Produzione di semi
La raccolta di semi avviene inizia dalla trebbiatura del terreno con la macchina mietitrebbia. Per la produzione di semi, va interrotto il pascolamento ad inizio marzo, così da dar modo alla pianta di fiorire intorno alla fine di maggio.
Attenzione all’irrigazione: una mancanza prolungata di acqua potrebbe ritardare la fioritura e diminuire la produzione di semi.
Quando le condizioni sono ideali si possono ottenere fino a 8 quintali di seme per ettaro.
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