L’andamento demografico mondiale, com’è noto, è in continuo aumento.
La popolazione di tutto il mondo cresce, in modo esponenziale, vertiginoso e non è questo un aspetto trascurabile, da sottovalutare.
Da un lato la popolazione aumenta, dall’altro la natura ha ritmi piuttosto rallentati.
Il sistema uomo-pianta-animale ha degli equilibri e l’uomo questo lo sa e non per questo indugia.
È proprio all’uomo che si addita la responsabilità principale, di quelle che sono forzature piuttosto spinte del sistema su citato (uomo-pianta-animale) al punto di causare, nei casi più estremi, delle vere e proprie ritorsioni.
Negli ultimi 40 anni è stato capace (l’uomo) di compromettere ben oltre il 30 % delle terre destinate alla coltivazione, ad uso agricolo.
Raramente ci si sofferma, chi è più sensibilizzato dal problema, a dedicare un attimo, un pensiero sull’importanza che la Terra ha per gli esseri viventi, terra intesa come suolo da coltivare.
Tutti i giorni sulle nostre tavole o nelle nostre dispense abbiamo pane, pasta, olio, riso, verdure di ogni tipo, frutta.
Sono appunto i terreni coltivabili, i luoghi preposti affinché tutto questo sia possibile, che arrivi nelle nostre case e per il soddisfacimento di uno dei bisogni primari dell’uomo: Mangiare! E c’è ancora chi questo concetto non lo ha ben chiaro e continua a trattarlo male il nostro terreno.
L’impegno e la fatica che un terreno impiega per rinnovarsi in natura è all’incirca 500 anni ed è dunque un bene unico e raro non ce ne scordiamo.
Le pratiche agricole intensive sono la causa scatenante delle perdite di terreno coltivabile e della loro produttività.
Agricoltura intensiva: poco amichevole!
L’agricoltura intensiva non è proprio quel tipo di agricoltura che si può definire amica dell’ ambiente.
Pur trattandosi di agricoltura, diciamo che non fa proprio bene ne alla terra ne al suo rispetto.
Si serve di una notevole quantità di risorse ed energie che vanno oltre la capacità che il suolo ha di assorbire e smaltirle naturalmente.
Il mancato utilizzo di questo surplus di input che l’uomo adopera per coltivare in modo intensivo è l’impatto ambientale: L’INQUINAMENTO, fa paura ma è cosi, sensibilizziamoci e sensibilizziamo.
Ad essere inquinate sono senza dubbio e per lo più le acque, le falde acquifere e non occorre uno scienziato ne un dotto per capirne le ripercussioni, a cascata, che si possono avere con le acque quando, il bene più prezioso che possediamo (l’acqua) non è sana.
La causa principale è utilizzo spasmodico e incosciente (in alcuni casi) che si fa per i fertilizzanti, con l’agricoltura intensiva se ne usano tanti.
Le sostanze attive, presenti in questi prodotti, creano un legame, si combinano con le acque e raggiungono i corsi d’acqua, i laghi, i fumi ed anche il mare ( non è immune da tutto questo).
Il concetto di agricoltura intensiva
Come abbiamo visto, è quella pratica agricola che poco rispetta e sostiene l’ambiente (sostenibilità la parola che più ricorre nel secolo 2.0).
L’agricoltura intensiva è agricoltura praticata in modo intenso come la denominazione stessa suggerisce, del resto, vediamo come.
È quell’agricoltura che non ammette limiti, si spinge sull’acceleratore della forzatura e dello sfruttamento e si va, è anche l’agricoltura dello spreco dall’irrigazione al personale.
L’innovazione ed il processo tecnologico non hanno fatto altro che apportare, per chi ne fa uso poco in linea con la normale condotta, danno aggiuntivo, aggravare ancora di più quello che era un quadro già grave.
Nuovi macchinari, mezzi, nuove varietà colturali, gli stessi processi di lavorazione e raccolta si sono rinnovati ed innovati, ma in peggio.
L’obiettivo di chi fa errata gestione dell’agricoltura quella di tipo intensivo, è quello di ottenere grandi quantità in poco tempo e a costi ridotti (costi quel che costi, verrebbe da dire).
Grandi estensioni, agrofarmaci, fertilizzanti, energia, sono tutte parole chiavi per chi pratica intensivo.
Danni da agricoltura intensiva
Il danno dei danni, che l’agricoltura definita intensiva, causa e senz’altro la perdita di fertilità del suolo.
Il sistema aria-suolo-acqua e su tutte la biodiversità, sono tutte cose ad alto rischio di compromissione se si fa agricoltura intensiva.
Gli antiparassitari, con cui si inondano le piante, non combattono solo il parassita bersaglio.
A farne le spese sono anche insetti utili, gli impollinatori per esempio, fecondatori naturali delle piante.
L’eccessivo uso di queste sostanze attive, crea resistenza, rendendo batteri e funghi più forti.
Rimedi all’agricoltura intensiva
La soluzione c’è!
Basterebbe tornare all’uso delle agricolture che furono.
Tecniche agricole che venivano praticate nel periodo pre-industriale, che hanno dato lustro e importanza all’agricoltura.
Ha garantito al terreno di preservarsi, fino ad oggi, permettendoci di poterlo utilizzare e coltivare.
Il letame, ripristinatore per eccellenza della sostanza organica del suolo, è già una soluzione e pure naturale! Struttura, trattiene e nutre.
Alternativa numero due è la rotazione colturale.
Consiste nell’alternare sullo stesso appezzamento, in successione, colture diverse.
Peperone in estete e lattughe d’inverno, sullo stesso terreno è già una rotazione, diverse asportazioni, diversi fabbisogni, famiglie diverse
Pomodoro su pomodoro, la mono-successione, una solanacea con una solanacea, da evitare!
Agricoltura intensiva: considerazione e conclusione
I primi esempi di agricoltura intensiva si ebbero già con gli egizi, nella valle del Nilo.
Successivamente altri esempi di agricoltura intensiva si hanno in Inghilterra, nel periodo della rivoluzione agricola e la nascita delle prime aziende agricole ma capitaliste.
Rapidamente l’agricoltura intensiva si è cosi diffusa in tutta Europa e nessuno ha fatto obiezione.
Contro chi bisogna puntare il dito? Il MERCATO!
E’ il principale responsabile di tutto questo continuo sfruttamento, compromettendo ambiente, terreno, sostenibilità, acque e fertilità del suolo ed anche salute e rischio umano, non scordiamolo.
Gli agricoltori intensivi sono spinti dalle politiche di mercato, sistema a monte, da cui a cascata si prendono tutte le decisioni e gli agricoltori (alcuni) si adattano ad esso.
Prima o poi l’uomo si renderà conto delle conseguenze relative all’inquinamento e alla rottura degli equilibri ambientali.
Allora e solo allora avremmo un cambiamento, una nuova rotta, un nuovo modo di pensare: CAMBIAMENTO ma prima CAMBIA-MENTE.
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