Quali sono le migliori razze bovine da latte? Quali producono più latte? E quali producono il latte migliore? Oggi parleremo proprio delle migliori razze bovine da latte presenti in Italia e a disposizione di tutti gli allevatori.
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Indice
Razze bovine da latte in Italia
In Italia, vengono allevati quasi 6 milioni di vacche da latte (Istat, 2016) ed ognuna di loro produce circa 40 quintali di latte ogni anno. Se pur questi numeri fanno pensare in grande, in realtà siamo ancora molto indietro rispetto ai paesi nord-europei.
La nostra inferiorità produttiva è dovuta sia agli aspetti quantitativi ma anche a quelli qualitativi del latte, in particolar modo per quanto riguarda il contenuto di proteine e grassi del latte, necessari alla resa in formaggio e burro che se ne può ottenere.
Inoltre, le differenze regionali sono molto ampie. Lombardia, Emilia Romagna, Veneto e Piemonte sono le 4 regioni che da sole allevano circa il 70% delle vacche da latte italiane. La Pianura Padana, infatti, è l’habitat prediletto per l’allevamento di razze bovine da latte, anche se degni di nota sono qualche allevamento lungo l’arco alpino e le zone collinari delle regioni centrali e meridionali: Umbria, Lazio, Campania, Puglia, Sardegna e Sicilia.
Poiché il numero totale di vacche da latte tende sempre più a diminuire, il fatto che in questi ultimi anni si sia comunque raggiunta una certa quantità produttiva costante significa che c’è un notevole incremento della produttività per vacca, pressoché raddoppiata negli ultimi 40 anni.
Ma dato che il mercato ha mantenuto una richiesta del latte praticamente stazionaria e gli allevatori erano soggetti a quote di produzione (le cosiddette quote latte), ne consegue che, per mantenere un’alta produttività necessaria per migliorare la competitività sui mercati nazionali ed esteri, gli allevatori hanno teso a utilizzare razze bovine da latte migliorate, cioè derivate da miglioramenti genetici, e quindi questo ha provocato una diminuzione del patrimonio nazionale di razze bovine da latte autoctone di alcune regioni.
Il 90% delle vacche da latte allevate in Italia appartiene a razze o popolazioni ben identificate di cui esiste il Libro Genealogico o un Registro Anagrafico (anche se solo una minoranza delle bovine vi sono iscritte), mentre il restante 10% è costituito da individui meticci o difficilmente classificabili.
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Frisona italiana
I nostri nonni la ricordano ancora con il nome di “Pezzata Nera” o come Olandese. Nel dopoguerra, infatti, erano questi i nomi assunti dalla vacca Frisona italiana, che all’epoca contava appena qualche migliaio di capi. La Frisona italiana si è rapidamente diffusa proprio negli anni 50-60, fino ad essere oggi la rappresentante per eccellenza delle razze bovine da latte in Italia.
Le sue origini arrivano proprio dalla Frisona olandese, oggi però sostituita dai ceppi derivati dal miglioramento genetico. Tra questi ricordiamo quello canadese, Canadian Holstein, e statunitense, Holstein Friesian. Grazie all’importazioni di queste “nuove Frisone”, quasi tutte le altre razze storicamente originali di un territorio italiano sono state sostituite.
Pur essendo presente in tutta Italia, la “nuova Frisona” è concentrata soprattutto nelle zone più fertili e specializzate per la produzione del latte, come la pianura padano-veneta. D’altronde la Frisona è una razza cosmopolita, allevata in tutto il mondo ed è la più specializzata nella produzione di latte.
Caratteristiche
Come sempre succede nel caso di razze molto produttive, la Frisona ha delle caratteristiche vitali piuttosto scarse, come si può vedere nella tabella seguente.
|
Frisona italiana | Bruna italiana | Pezzata rossa italiana | Valdostana | Grigia alpina |
Rendena |
Età al primo parto (mesi) |
30 |
32 | 30 | 35 | 34 |
33 |
Interparto (g) |
401 |
403 | 395 | 405 | 392 |
391 |
Rimonta (primarie) |
31 |
21 | 27 | 16 | 17 |
17 |
Lattazioni attese |
3,2 |
4,8 | 3,7 | 6,1 | 5,8 | 5,8 |
Durata della lattazione (g) |
305 | 302 | 301 | 304 | 291 |
295 |
Caratteristica molto favorevole è l’età del primo parto. La longevità, la fertilità e la rusticità, invece, sono molto ridotte soprattutto per cause genetiche, ma anche a causa degli stress metabolici subiti da questi animali per raggiungere gli elevatissimi livelli produttivi che li contraddistinguono.
Anche se la quantità è molto alta, la qualità del latte prodotto è molto scarsa sia perché il latte presenta percentuali medie di grasso e proteine inferiori a quelle delle altre razze, sia perché il latte della Frisona è caratterizzato da una minor presenza di varianti genetiche della k-caseina più favorevoli. Ne deriva che il valore economico del latte delle vacche Frisone è inferiore alla media.
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Bruna italiana
Riconosciuta anche sotto il nome di Bruna alpina, la Bruna italiana era la vacca più diffusa nell’Italia del dopoguerra. In quell’epoca, veniva allevato soprattutto il ceppo svizzero a duplice (latte e carne) o triplice attitudine (latte, carne e lavoro).
La concorrenza con la Frisona italiana ha causato una forte diminuzione del numero di individui della razza Bruna e ha portato così i ricercatori a migliorarla geneticamente, con l’obiettivo di farle aumentare la quantità di produzione di latte. Ecco che il ceppo svizzero originario di Bruna alpina è stato sostituito con quello migliorato americano, chiamato Brown Swiss.
Oggi, la Bruna italiana è una razza specializzata da latte che, pur non raggiungendo le potenzialità produttive della Frisona, produce un latte di qualità migliore e si adatta alle condizioni di allevamento più difficili. La Bruna italiana, infatti, è stata rivalutata negli ultimi 20 anni per la sua particolare rusticità, essendo più adatta alle zone montane rispetto alla Frisona.
Il latte della Bruna italiana è caratterizzato da una gran quantità percentuale di grasso e proteine. Oltre a questi, possiede una elevata quantità delle varianti genetiche delle proteine più favorevoli alla caseificazione, in particolare la variante B della k-caseina. Questi ultimi aspetti favorevoli, fanno sì che, in termini di efficienza, la Bruna sia migliore della Frisona, specialmente in determinate condizioni ambientali.
Pezzata rossa italiana
Un’altra importante rappresentante delle migliori razze bovine da latte italiane è certamente la Pezzata rossa italiana. Questa razza ha raggiunto, negli ultimi anni, l’8% del totale patrimonio bovino italiano da latte. Dopo la seconda guerra mondiale, era diffusa solamente in Friuli, tanto da essere riconosciuta anche sotto il nome di Pezzata rossa friulana, e in qualche zona del Veneto e dell’Alto Adige. Il ceppo friulano nacque da incroci tra bovini autoctoni del Friuli e la Simmental Svizzera.
È una razza a duplice attitudine, cioè viene allevata sia per il latte che per la carne. La sua attitudine alla produzione della carne è stata aumentata grazie alla totale sostituzione del ceppo friulano con i ceppi di Pezzata Rossa Bavarese e Pezzata Rossa Austriaca (Fleckvieh). Da quel momento in poi, la Pezzata rossa italiana è comparsa in molti allevamenti italiani, da Nord a Sud.
L’elevato valore da carne delle vacche, soprattutto a fine carriera, favorisce quindi un costo ridotto della loro sostituzione con le manze da rimonta, portando, a volte, molti allevatori a praticare una “rimonta volontaria”.
La presenza della variante B di k-caseina nel latte di questa razza è a livelli intermedi tra quelli della Frisona e della Bruna. Inoltre, il peso elevato dei vitelli alla nascita fa sì che il loro valore commerciale sia anche doppio di quello dei vitelli appartenenti alle razze specializzate da latte (Frisona e Bruna).
In definitiva, la razza Pezzata rossa italiana è quella che, tra tutte le migliori razze bovine da latte, è più adatta a tutte quelle situazioni in cui fattori ambientali (montagna), dimensionali (piccoli allevamenti) o strutturali (stalle vecchie) possono limitare le potenzialità produttive delle bovine specializzate da latte. In queste condizioni, la Pezzata rossa compensa la minor produzione con l’elevata qualità del latte e con l’alto valore di mercato della carne dei vitelli e delle vacche a fine carriera.
Razze meno comuni di interesse nazionale
Oltre a queste tre razze di cui abbiamo parlato adesso, mi sento di prenderne in considerazione altre di particolare interesse, sia culturale che produttivo. Sto parlando della Valdostana, della Grigia alpina e della Rendena. Sono tutte razze autoctone dell’arco alpino che hanno conservato una consistenza e un’organizzazione dei loro allevatori tali da mantenere ancora un ruolo apprezzabile nella realtà produttiva nazionale.
Valdostana, Grigia alpina e Rendena sono razze che, pur subendo la concorrenza di Bruna e Frisona, hanno saputo conservare (a differenza di altre razze autoctone quasi scomparse) una presenza significativa nelle zone di origine.
Dal punto di vista genetico, hanno subito molte meno modifiche, miglioramenti e incroci, potendo così considerarsi a duplice attitudine, latte e carne. Hanno una produttività quantitativa media ma possiedono un’ottima adattabilità alle aree difficili. Sono buone pascolatrici, producono un latte eccellente e hanno ottime caratteristiche vitali di fertilità, longevità e rusticità, tanto da renderle molto efficienti. Oltre a questo, i vitelli alla nascita hanno un peso piuttosto elevato e per questo un discreto valore commerciale.
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