Tutti gli alberi che in natura abbiamo già visto a grandezza naturale possono essere “rimpiccioliti” attraverso potature progressive dei germogli e dell’apparato radicale e diventare un albero in miniatura dentro un vaso di dimensioni ridotte: un bonsai!
Creare e coltivare un bonsai richiede grandi cure e attenzioni quotidiane e solo chi ha imparato e padroneggia la millenaria tecnica del bonsai è capace di racchiudere la massima bellezza della natura in una pianta in miniatura ma per capire come ha fatto l’arte bonsaistica ad essere riconosciuta ed apprezzata in tutto il mondo bisogna conoscere la storia millenaria del bonsai che inizia in Cina per scopi medicinali, prosegue nell’antico Giappone e arriva fino ai nostri giorni.
Indice
L’inizio della storia millenaria degli alberi in vaso
L’arte del bonsai nasce in Cina ed è legata all’antichissima pratica cinese chiamata Penjing (dal termine Pun Ching, “paesaggio su piatto”) che consisteva nell’immortalare la bellezza della natura e sublimarla rappresentando un piccolo universo in miniatura fatto di paesaggi con monti, fiumi e alberi.
Qual è il bonsai più antico al mondo?
Il bonsai è stato trovato in tomba sotterranea di circa 3500 anni fa, faceva parte del corredo funebre di un nobile cinese e comprendeva un ingegnoso sistema di irrigazione che ha permesso ad un piccolo pino a tre aghi, una specie considerata estinta, di vivere e prosperare a lungo dentro un prezioso vaso d’oro.
Probabilmente in quell’epoca coltivare bonsai per un lungo periodo di tempo si credeva che permettesse di creare un ponte tra la vita e l’aldilà, tra la dimensione umana e la dimensione sacra, e garantisse a colui che lo coltivava l’eternità all’anima.
Accanto all’aspetto filosofico però è indubbio che l’arte di creare bonsai si è sviluppata in Cina soprattutto a partire dal VI secolo d.C. grazie alle migrazioni dei popoli nomadi provenienti dalla Mongolia che la sfruttavano per poter trasportare in piccoli vasi piante per scopi officinali.
La diffusione in Giappone
Il termine giapponese Bonsai è formato da due ideogrammi, 盆栽.
Il primo “bon” significa “vaso” mentre il secondo “sai” significa “educare” o, in senso lato, “coltivare” e il bonsai simboleggia proprio l’unione imprescindibile dell’albero ed il contenitore in cui cresce e fiorisce che insieme costituiscono un’unica entità.
Il bonsai arriva in Giappone durante l’epoca Heian (794-1185 d.C) grazie ai monaci buddisti provenienti dalla Cina ma è nel periodo Edo (1615- 1868 d.C) che nasce il cosiddetto bonsai classico.
La coltivazione dei bonsai diventa una tra le più nobili rappresentazioni del principio di armonia tra l’uomo e natura, comune alle filosofie e religioni dei due paesi (buddista, taoista e shintoista) ed il bonsai deve possedere forme sinuose caratterizzanti i sette principi dell’estetica Zen, tra i quali l’albericità, cioè rimanere il più simile possibile alle forme naturali degli alberi.
L’arrivo in Occidente e il successo mondiale
L’incontro tra l’arte classica giapponese del bonsai e l’occidente, avvenuto solo alla fine del XIX secolo quando il Giappone partecipa alle più importanti esposizioni internazionali, come quella di Londra nel 1862, di Parigi nel 1867 e nel 1900 e di Vienna nel 1873, è alla base dell’adattamento del bonsai classico al mondo moderno.
La ricerca della naturalità dell’albero, ottenuta sempre seguendo i principi Zen, lascia il posto alla riproduzione di forme non per forza botaniche ma artistiche attraverso il perfezionamento della tecnica bonsaistica ad opera di tre grandi maestri Kimura, Kobayashi e Murata.
Nasce così il bonsai moderno, un albero in miniatura che rappresenta una vera e propria forma artistica capace di ritrarre la massima bellezza della natura.
Ancora oggi, come agli inizi del ‘900, il bonsai continua ad affascinare e far sognare i pollici verdi e i collezionisti di tutto il mondo perché è un’occasione unica per riavvicinarsi alla natura ammirando la bellezza di un grande albero secolare in un piccolo alberello coltivato in un vaso.
Laura Cannarella
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