Allevamento cinghiali: hai mai pensato di voler allevarli?
Esistono numerosi vantaggi da questo particolare tipo di allevamento e oggi te lo mostriamo a 360 gradi.
Indice
Allevamento cinghiali (e non solo)
Al contrario di come si possa pensare, allevare animali selvatici non è poi così inverosimile.
La fauna selvatica è una vera e propria risorsa naturale, di per sé importantissima se si pensa che può produrre numerosi benefici sotto molti aspetti.
Pensiamola innanzitutto da un punto di vista produttivo: gli animali selvatici possono essere allevati e pertanto se ne può trarre un reddito come per qualsiasi allevamento zootecnico.
Inoltre, molti sono i turisti (si pensi alle persone che vivono sempre in città) che sono attratti dalla natura e incuriositi dal vedere gli animali selvatici con i loro occhi. Tanti di loro sono disposti a pagare anche grosse somme di denaro pur di vedere determinati animali dal vivo.
Si pensi anche da un punto di vista venatorio: l’allevamento di cinghiali, per esempio, è spesso connesso ai recinti dove i cacciatori vanno durante l’estate ad allenare i loro segugi per la caccia al cinghiale. In certi casi, oltretutto, l’allevamento di ungulati può essere utile anche per ripopolamenti ove tali animali sono carenti (anche se questo non è il caso dei cinghiali, dato che ormai sono praticamente ovunque).
Se vogliamo vedere la fauna selvatica da un punto di vista scientifico e conservativo, allora siamo in dovere di dire che questa è di fondamentale importanza per la ricerca universitaria.
In particolare le Università di Agraria e di Biologia sono costantemente a lavoro al fine di salvaguardare le specie animali, le varie sottospecie e le popolazioni che, anche solo per qualche caratteristica, si differenziano tra loro.
Tutti sappiamo ormai che gran parte dei cinghiali presenti in Italia, ad esempio, sono di origine balcanica. I cinghiali provenienti da Ungheria, Bosnia, Albania ecc. sono stati importati illegalmente dopo la seconda guerra mondiale per aumentare la popolazione di cinghiali nel nostro paese.
Fino agli anni 50-60, i cinghiali presenti in Italia si limitavano ad occupare zone ristrette del paese: il “vero” cinghiale italiano è originario della Maremma toscana e laziale. Oltre a questo, è presente una sottospecie in Sardegna, di dimensioni più ridotte.
L’importazione di cinghiali balcanici ha causato incroci tra le varie sottospecie (italica e balcanica) e di conseguenza un inquinamento del DNA dei cinghiali presenti sul territorio italiano.
I cinghiali importati hanno dimensioni maggiori rispetto ai nostri, sono più longevi e partoriscono un numero più elevato di suinotti (10-12 contro 4-6).
L’incremento annuo di una popolazione di Cinghiale è valutabile fra un minimo del 220% e un massimo di 360%, di tutte le femmine presenti.
Da questo, è possibile comprendere l’accrescimento esponenziale delle popolazioni di cinghiali in Italia e quindi i numerosi danni che causano all’agricoltura.
Fatte le suddette premesse, possiamo ora capire quanto sia elevato il valore della fauna selvatica, in particolar modo degli ungulati (cinghiale, cervo, daino, capriolo, ecc.).
Tale valore è dato dalla somma di 5 distinti valori:
- Valore biologico: come detto, la salvaguardia della specie;
- Valore d’immagine: specialmente da un punto di vista di gratificazione nel sapere che sono presenti animali selvatici;
- Valore estetico: animali belli e interessanti da vedere;
- Valore diretto: attività produttiva e alimentare;
- Valore venatorio: per quanto detto sopra, a fini venatori;
- Valore indotto: attrae il turismo.
In ogni caso, la presenza di popolazioni stabili di ungulati che si riproducono autonomamente è un segno di qualità per un determinato territorio.
Allevamento cinghiali: valutazioni
Le possibilità offerte dall’allevamento degli ungulati selvatici, in questo caso cinghiali, vanno valutate considerando:
- Scopo venatorio
- Finalità produttive
- Carne e altri prodotti
- Situazione geologica, pedologica e climatica
- Biocenosi presenti (la biocenosi è l’insieme di animali e vegetali che possono convivere in uno stesso ambiente)
- Estensione delle superfici disponibili
- Ricettività del mercato e canali di vendita
- Legislazione
In base alla combinazione di questi elementi si giunge essenzialmente a 2 tipologie fondamentali di allevamento:
- Allevamento estensivo, adottato soprattutto per animali destinati al ripopolamento di aree dove questi sono carenti;
- Allevamento intensivo: per la produzione di carne ed altri prodotti derivanti dagli ungulati selvatici (velluto, pellame, ecc.).
Tra queste 2 tipologie ben distinte, ne esistono altre a caratteristiche intermedie. Sono proprio quest’ultime ad essere più utilizzate in Italia. In linea generale, infatti, l’allevamento di selvatici avviene allo stato brado “semi-naturale”, all’interno di recinti o meno (caso delle Aziende Faunistico Venatorie).
Allevamento estensivo
L’allevamento estensivo è un tipo di allevamento in cui è presente non più di un capo per ettaro di superficie aziendale.
Gli animali sono liberi di muoversi e pascolare all’aria aperta e senza ricoveri contro le intemperie, in quanto possono ripararsi in ricoveri naturali presenti in azienda.
Il rifornimento di cibo avviene solo in casi eccezionali, dato che sono capaci di procurarselo da soli.
È un tipo di allevamento diffuso in aziende di grandi dimensioni, anche non recintate.
Gli interventi di gestione degli animali, inoltre, sono pochi e saltuari. Gli animali sono completamente selvatici e sfruttano ambienti non altrimenti utilizzabili a fini agricoli ed economici.
Allevamento intensivo e semi-intensivo
L’allevamento intensivo è un tipo di allevamento in cui sono presenti più di 3 capi per ettaro di superficie aziendale.
Gli animali vengono allevati in stalla, in totale dipendenza dall’uomo per l’alimentazione e il riparo.
È diffuso in zone con pascoli ottimi e a produzione costante (non in Italia, a causa del clima).
In Italia, la maggior parte degli allevamenti sono di tipo semi-intensivo: la densità di allevamento è di 1-3 capi per ettaro.
In questo caso, le integrazioni alimentari avvengono solo in alcuni periodi dell’anno (estati siccitose e inverno).
Viene mantenuto un giusto rapporto bosco/pascolo.
Allevamento cinghiali: legislazione e regolamenti
L’attività di allevamento di animali selvatici è regolamentata dalla Legge sulla caccia, L.N. 157/92 e successive modifiche.
La parte più importante di tale legge è sicuramente l’art. 1: La fauna selvatica è patrimonio indisponibile dello Stato ed è tutelata nell’interesse della comunità nazionale ed internazionale.
Questo articolo, quindi, ci dice che gli animali selvatici sono un patrimonio nazionale, allo stesso livello dei beni artistici, dei monumenti e delle risorse naturali ed ambientali del nostro paese.
L’aggettivo “indisponibile” sta ad indicare il fatto che nessuno se ne può impossessare. Il riferimento “dello Stato”, invece, dà un preciso messaggio: tutto il popolo italiano è il proprietario della fauna selvatica e pertanto la deve curare, tutelare e gestire.
Per quanto riguarda in particolare l’allevamento di specie selvatiche, entra in gioco l’art. 17.
In particolare il comma 1 cita: Le regioni autorizzano, regolamentandolo, l’allevamento di fauna selvatica a scopo alimentare, di ripopolamento, ornamentale ed amatoriale.
Analizzando tale comma, possiamo capire che i tipi di allevamento di animali selvatici possono essere finalizzati solo ai seguenti scopi:
- Alimentare: gli animali vengono allevati per essere macellati (come avviene per i maiali, vacche da carne, ecc.);
- Ripopolamento: finalizzato ad allevare animali selvatici da trasferire in aree dove questi sono carenti;
- Ornamentale: si pensi in particolare a determinate specie di uccelli dal bel piumaggio, posti all’interno di voliere in grandi ville per scopi ornamentali;
- Amatoriale: per il semplice piacere di allevare animali, senza scopo di lucro.
Non meno importante è il comma 3 dell’art. 17 della suddetta legge. Questo cita: Nel caso in cui l’allevamento di cui al comma 1 sia esercitato dal titolare di un’impresa agricola, questi è tenuto a dare semplice comunicazione alla componente autorità provinciale nel rispetto delle norme regionali.
Ecco che si giunge ad un punto interessante. Qualsiasi agricoltore può allevare animali selvatici senza dover incorrere in labirinti burocratici. È sufficiente farne comunicazione alla provincia di appartenenza (su cui ricade la superficie aziendale): le modalità di comunicazione sono comunque regolamentate dalla regione e dalla stessa provincia.
Allevamento cinghiali: conosciamo questo animale
Prima di installare un allevamento cinghiali, è bene innanzitutto conoscere meglio questo animale.
Altrimenti, se così non fosse, sarebbe come chiedervi di guidare un trattore senza che voi sappiate nemmeno cosa sia un trattore.
Diamo prima un occhio alla classificazione biologica (sistematica) di questa specie:
Classe: Mammiferi
Super Ordine: Ungulati
Ordine: Artiodattili
Sottordine: Suiformi
Famiglia: Suidi
Sottofamiglia: Suini
Genere: Sus
Specie: Sus scrofa
In Italia sono presenti 3 sottospecie:
- Sus scrofa scrofa (Linneo): diffusa sull’arco alpino settentrionale;
- Sus scrofa sardous (Strobel): presente solo in Sardegna e in Corsica, di cui è originaria;
- Sus scrofa majori (De Beaux e Festa): tipica della Maremma toscana e laziale, Italia centrale, Gargano e Calabria.
Esclusa la sottospecie sarda, le altre due, come già detto, risultano inquinate geneticamente dalla introduzione, per scopi venatori, di esemplari originari del centro-Europa e dei Balcani.
Habitat
Il cinghiale si può trovare praticamente ovunque. Ad oggi, addirittura, anche in alcune zone della periferia di Roma.
È un animale che si adatta molto bene a qualsiasi tipo di ambiente. Uno dei principali motivi di questa sua caratteristica è che si ciba di tutto: dalle piante del nostro orto a piccoli invertebrati nel terreno, dai residui organici della spazzatura ad animali di taglia medio-piccola (cuccioli di capriolo, lepri, piccoli canidi, ecc.).
Altra necessità affinché si possa considerare un ambiente favorevole alla permanenza del cinghiale, è la presenza di acqua.
L’acqua, per il cinghiale, non è importante solo per l’abbeveraggio, ma anche come costituente di pozze di fango nelle quali “insoliarsi” per eliminare (dopo essersi grattato a tronchi o pali) tutti quei parassiti che si attaccano alla sua pelle (zecche).
Non meno importanti, inoltre, è la presenza di estese macchie boschive ove può trovare rifugio (specialmente boschi cedui composti da piante del genere Quercus o Fagus).
Alimentazione
Essendo monogastrico (ha un solo stomaco), il cinghiale necessita di alimenti ad alto valore nutritivo e di una certa quota di proteine di origine animale, in particolare nel periodo riproduttivo (novembre-dicembre e giugno).
Essendo un accuratissimo pascolatore ed usando il grifo (muso) a mo’ di aratro, riesce a sfruttare risorse alimentari non utilizzabili da altre specie animali.
Il suo nutrimento si basa in primo luogo su:
- Frutti selvatici
- Tuberi
- Rizomi
- Ghiande
- Castagne
- Noci
- Sorbe
- Faggiole
- Funghi
- Foraggere leguminose
- Graminacee (grano, orzo, avena, farro, mais, ecc.)
- Lombrichi
- Larve di insetti
- Rettili (vipere comprese)
- Anfibi
- Carogne
- Nidi di fagiano e di starna
- Leprotti
- Cuccioli di capriolo
- Uccelli terragnoli
- Ecc.
Allevamento cinghiali: strutture di allevamento
Per poter valutare l’idoneità di un territorio ad ospitare un allevamento estensivo di ungulati selvatici, bisogna tenere presenti le loro esigenze ambientali.
Le caratteristiche climatiche più comunemente incisive per l’allevamento di cinghiali sono le seguenti:
- Manto nevoso: se molto alto e di lunga durata, può creare difficoltà per il movimento e l’alimentazione;
- Acqua: fondamentale per i motivi sopra elencati;
- Bosco: fondamentale per il riparo dalle intemperie e il rifugio dai predatori;
- Altitudine: non influisce in modo diretto, ma contribuisce alla presenza di specie vegetali utili all’alimentazione del cinghiale.
Per quanto riguarda le vere e proprie strutture d’allevamento, bisogna differenziarle per allevamenti estensivi ed intensivi.
Strutture per allevamento estensivo
Le recinzioni sono costituite da reti, sostegni e cancelli. Si usa preferibilmente rete metallica zincata, alta 1.5-2 m dal suolo, a maglie rettangolari o romboidali.
In caso di necessità è possibile aumentare l’altezza fino a 2,5 m ponendo 2-4 ordini di filo metallico alla sommità della rete stessa. ATTENZIONE: il filo spinato non si può usare, è illegale.
La rete deve essere interrata 20-30 cm. I sostegni possono essere pali di legno, trattai e incatramati o bruciati alla base, oppure di ferro o di cemento.
La distanza tra i pali varia a seconda della morfologia del terreno, da 2 a 5 m. I cancelli possono essere in legno o metallo, nel numero necessario secondo l’organizzazione aziendale.
I punti di foraggiamento e abbeveraggio non sono sempre indispensabili se sono presenti in modo naturale. È buona norma, comunque, prevederli.
È utile installare anche altane e punti di osservazione, sia per il censimento degli animali sia, a livello turistico o venatorio, se si vuole indirizzare l’allevamento verso scopi remunerativi di tale tipo.
Nel caso in cui vi sia la necessità di dover catturare gli animali (per esempio, da indirizzare al mattatoio o al ripopolamento), si devono installare anche le trappole.
Possono essere di vario tipo e forma. Le più comuni sono a base circolare o poligonale, delimitate da rete alta 2,5-3 m o da pannelli di legno e metallo.
Le strutture in rete necessitano di una copertura interna di colore scuro (rete ombreggiante) per impedire la vista agli animali e quindi sottoporli ad un minore stress di cattura.
La viabilità interna deve essere ben diffusa e facilmente praticabile per il controllo degli animali.
Strutture per allevamento intensivo e semi-intensivo
I principali elementi che distinguono l’allevamento intensivo e quello semi-intensivo sono:
- Recinzioni perimetrali ed interne (come quelle dell’allevamento estensivo);
- Strutture per il ricovero, l’alimentazione, il controllo e la cattura (praticamente identiche a quelle utilizzate per i suini domestici);
- Pascoli direttamente utilizzati dagli animali e colture foraggere destinate alla loro alimentazione;
- Tecniche di scelta dei riproduttori;
- Controlli igienico-sanitari effettuati con cadenza regolare.
Questi elementi portano a dei vantaggi che si traducono in accrescimenti costanti e rapidi, facilitazioni nelle operazioni di controllo, catture ed eventualmente macellazione.
Questo genere di allevamenti, infatti, sono adottati soprattutto quando gli animali vengono allevati per la carne.
La vendita di cinghiali vivi può avvenire tutto l’anno.
Gli animali possono anche essere abbattuti e dissanguati presso un’apposita struttura autorizzata all’interno dell’azienda agricola, quindi trasportati agli impianti di macellazione per il controllo sanitario e la lavorazione delle carcasse.
In alternativa, si devono trasportare i cinghiali vivi al macello ma ciò comporta un maggiore stress che può compromettere la qualità della carne.
Allevamento cinghiali: carne magra e salutare
Anche se potrebbe sembra il contrario, la carne degli animali selvatici possiede certe doti nutrizionali che ne fanno un alimento sano, ricco di proteine e soprattutto magro.
Infatti, il contenuto in grassi della selvaggina si aggira mediamente tra il 2% e il 4%, ben al di sotto del tasso del 30-40% dei salumi, della carne di manzo e di montone, delle uova e di diversi formaggi.
Come apporto calorico, le carni selvatiche sono più vicine al pesce che alle carni zootecniche.
La carne di cinghiale è povera di colesterolo e ricca di ferro, con un tasso di grassi che si aggira intorno al 2%.
Alcuni valori nutrizionali medi:
Proteine: 21%
Grassi: 2%
Calorie: 104
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