Stai cercando come coltivare il topinambur ma non sai cosa fare?
Vuoi conoscere tutti i metodi agronomici per produrre radici più grandi e gustose?
Se la tua risposta è Sì, allora questo articolo fa proprio al caso tuo.
Vediamo insieme come coltivare il topinambur.
Indice
Il topinambur (Helianthus tuberosus, L. 1753)
Prima di vedere come coltivare il topinambur, è bene conoscere quali sono le sue origini in modo da rispondere nel modo migliore alle sue esigenze ambientali. Il topinambur è una pianta originaria del Canada e del Nord America, luoghi in cui gli indigeni già la coltivavano prima della scoperta del Nuovo Mondo (1492). Venne importata in Europa dove si diffuse rapidamente e ad oggi la possiamo trovare anche spontanea lungo le rive di alcuni fiumi, lunghi i sentieri e i campi abbandonati.
In Italia, l’unica regione ad eseguirne la coltivazione e ad esserne la maggior consumatrice è il Piemonte. Tutte le altre regioni, pur eseguendone “chi più chi meno” il consumo, sembrano non esserne interessate dalla coltivazione.
Il suo nome varia moltissimo. C’è chi la chiama ciapinabò, chi tupinabò, chi invece trifola, o patacca, chi addirittura taratufolo, carciofo di canna o patata del Canada. Ed in effetti, quest’ultimi due, sono forse i termini che si avvicinano di più a quello che in realtà è il topinambur. Questa pianta erbacea, parente stretta del girasole, produce dei tuberi commestibili ma che hanno un gusto simile a quello del carciofo.
Esigenze ambientali
Per coltivare il topinambur devi assolutamente conoscere le sue esigenze ambientali. Il topinambur si adatta a molti tipi di ambienti, sia per quanto riguarda il clima sia per quanto riguarda il terreno. Tenendo conto delle sue origini descritte in precedenza, però, preferisce climi temperati e terreni di medio impasto, con almeno il 50% di sabbia. Non richiede terreni particolarmente fertili, anche se una buona concimazione (ad esempio con letame di cavallo) rende i tuberi migliori, sia per calibro che per espressione organolettica.
Non sopporta assolutamente i suoi argillosi e troppo compatti, come d’altronde tutti i tuberi (patata compresa). Questi, non solo renderebbero assai difficile la crescita del topinambur, ma impedirebbe in un modo o nell’altro anche la raccolta. Inoltre, i suoli argillosi tendono a creare, dopo una pioggia o l’innaffiatura, anche ristagni d’acqua che sono deleteri per il topinambur.
Come coltivare il topinambur
Ecco che entriamo nel vivo dell’argomento: come coltivare il topinambur. Partiamo innanzitutto da dove acquistare la tua pianta di topinambur. Puoi trovare i tuberi in qualsiasi vivaio ma anche direttamente al supermercato. Se proprio non vuoi spendere ma conosci posti dove questa pianta cresce spontanea, allora puoi prenderla in natura, sradicarla (facendo attenzione a non rompere i tuberi) e portarla via con te. Il periodo giusto per fare questa operazione va da ottobre a tutto novembre.
Per la coltivazione in orto del topinambur, ti consiglio vivamente di scegliere un angolo lontano da tutte le altre piante. Il topinambur, infatti, può diventare una pianta infestante se per caso ti sfugge anche un solo piccolo tubero. Per la coltivazione in vaso del topinambur, invece, puoi procurarti vasi larghi circa 40-50 cm e piantare un tubero ogni vaso.
Prima di seminare il topinambur, bisogna sapere come preparare il terreno nel migliore dei modi. Innanzitutto deve essere eseguita un’aratura profonda 20-30 cm. Prima, o insieme, si può distribuire il letame. Dopo poco tempo è bene intervenire con un’erpicatura, in modo da frantumare bene le zolle e rendere il terreno più friabile: in questo modo, infatti, si facilita la crescita del topinambur. Tutte queste operazioni devono essere eseguite a fine estate.
In autunno, si può procedere con la messa a dimora. La messa a dimora del topinambur può essere fatta sia in autunno, sia appena terminate le gelate, quindi a febbraio, marzo o aprile a seconda della regione in cui ti trovi. Le fasi sono le seguenti:
- Creare dei solchi profondi circa 10-20 cm e distanti 50-60 cm.
- Si prendono i tuberi e si distribuiscono sul terreno ad una distanza di circa 20-25 cm tra loro. Nel caso si vogliano creare più file, queste devono essere distanti 50-60 cm.
- Assicurarsi che ogni tubero abbia almeno una gemma (occhio), dalla quale si svilupperà il germoglio che darà poi vita alla pianta stessa e quindi alla prolificazione.
- Annaffiare abbondantemente in modo che la terra attacchi bene alla radice.
Per quanto riguarda le coltivazioni, il topinambur ha bisogno di pochissime cure e la lotta alle erbe infestanti (erbacce) non è particolarmente doverosa. Basta comunque intervenire con una zappettatura, senza l’uso di alcun prodotto da diserbo. Si difende bene anche dai parassiti e non ha bisogno di nessun intervento a riguardo.
Irrigazione del topinambur
Per quanto riguarda l’irrigazione, a parte quella fatta appena dopo la messa a dimora del topinambur non è necessario farne altre. Come detto in precedenza la pianta si adatta molto bene a tutti i tipi di clima e l’irrigazione, quindi, diventa superflua. L’unico momento in cui è assolutamente necessario irrigare è quando, in estate, il clima troppo secco e asciutto rende la terra dura e arida. In tal caso, si interviene con un’annaffiatura leggera e costante facendo attenzione a non bagnare le foglie.
Raccolta del topinambur
Dopo la coltivazione del topinambur, si effettua ovviamente la raccolta. Questa avviene in autunno, soprattutto nel mese di ottobre. Comunque quando la pianta è totalmente secca. Questo può avvenire anche a causa delle prime gelate. In una grande azienda, la raccolta avviene o con mezzi meccanici oppure singolarmente dal personale di lavoro. Se sei da solo, ti puoi aiutare con un forcone, inserendolo nel terreno per una profondità di 30 cm e facendo leva sullo stesso per estrapolare il tubero. Da 1 m2 di terreno si possono raccogliere circa 2-3 Kg di topinambur.
Una volta effettuata la raccolta, il topinambur si può conservare solo per pochi giorni, massimo 10. Meglio se in frigorifero. Si possono consumare si crudi che cotti: lessati, al forno, bolliti, cotti al vapore. Basta condirli con un filo d’olio e, a seconda dei gusti, anche con sale e limone. In Piemonte vengono bolliti addirittura nel latte.
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