di Antonino Crapanzano
La malattia di cui parleremo in questo articolo, la gommosi del pesco, interessa tutte le drupacee, insieme di piante appartenenti alla famiglia delle Rosacee e alla sottofamiglia Prunoideae, che producono come frutto una drupa; in particolare, si manifesta sulle piante di pesco, albicocco, ciliegio e susino.
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La gommosi, nome che si riferisce agli essudati che vengono prodotti dal tronco e dai rami, è una malattia fungina che prende anche il nome di corineo dovuto all’agente causale, Coryneum beijerinckii, oggetto di revisioni che lo hanno portato ad assumere prima il nome Stigmina carpophila e più recentemente Wilsonomyces carpophilus.
Negli ultimi anni, la gommosi del pesco sembra essere nuovamente in espansione a causa dei minori trattamenti fungini effettuati durante il periodo primaverile rispetto agli anni passati, durante i quali la malattia era presente e confinata soltanto negli impianti mal gestiti.
Un’altra curiosità da segnalare è che, la gommosi del pesco o corineo, può essere chiamata anche con i termini di impallinatura, per via dei piccoli fori che si avranno sulle lamine fogliari prima di cadere somiglianti a quelli causati da una fucilata, o vaiolatura per via delle chiazze sulle foglie che somiglieranno a quelle causate dal vaiolo.
Indice
Gommosi del pesco: agente causale
L’agente causale della gommosi del pesco è, come abbiamo già accennato, il fungo Stigmina carpophila (Cooke, Wint.) anche rinominato Wilsonomyces carpophilus (Léveillé, 1959), ascomicete parassita delle piante, che produce le spore in una caratteristica struttura denominata asco che altro non è che un sacco.
Questo microrganismo si conserva in campo, sotto forma di micelio fungino, nelle lesioni dei rami o nelle squame protettive delle gemme chiamate perule e negli organi infetti che permetteranno al fungo di sopravvivere riparandosi tra le loro secrezioni gommose.
Lo sviluppo dell’attività vegetativa e della patogenicità di questo fungo dipendono, innanzitutto, dal livello di umidità ambientale e dalla temperatura; si avranno in condizioni di elevata umidità e temperatura compresa tra 5 e 26°C, con una temperatura ottimale di circa 15°C.
L’umidità risulta essere l’elemento più importante per lo sviluppo dell’agente causale della gommosi del pesco, perché la germinazione e lo sviluppo dei corpi riproduttivi del fungo avverranno soltanto in presenza di un velo d’acqua sulle piante per un determinato periodo di tempo.
Durante il periodo primaverile, piovoso e umido, si avrà la massima diffusione del fungo, quando le foglie avranno completato la loro formazione, fino ad inizio estate, in seguito ad una potatura drastica o in presenza di una elevata umidità; mentre la sua attività vegetativa subisce un arresto nei mesi estivi, caldi e asciutti.
La malattia e gli attacchi subiti saranno più gravi dopo annate caratterizzate da inverni miti e soprattutto su piante indebolite e danneggiate dal gelo. Comunque, l’incidenza della malattia varia molto in base alla suscettibilità della pianta ospite.
I sintomi
Prima di tutto dobbiamo precisare che il principale danno causato dalla gommosi del pesco è un indebolimento generale delle piante colpite.
Questo fungo attacca le foglie, i rami e i frutti. Approfondiamo la loro evoluzione.
Inizialmente i sintomi della malattia si manifesteranno sulle foglie dove compariranno piccole tacche di colore rosso-violaceo che intorno presenteranno un alone clorotico; man mano che l’infezione si espande, le macchie avranno dimensioni maggiori ma si manterrà una netta separazione tra la parte infetta della foglia e quella sana.
Le parti della lamina fogliare che presenteranno queste tacche colorate tenderanno a distaccarsi lasciando, sulla foglia, tanti piccoli fori tanto che la stessa sembrerà bucherellata; solitamente le foglie colpite dalla malattia non cadono subito ma nell’autunno successivo.
I sintomi che si presenteranno sui rami saranno caratterizzati da lesioni di dimensioni varie che, inizialmente superficiali, si evolveranno fino a diventare cancri aperti ovvero masse tumorali dalle quali fuoriesce l’essudato gommoso, una sorta di gelatina color zucchero bruciato.
In seguito, il ramo colpito disseccherà completamente nella maggior parte dei casi.
Per quanto riguarda i sintomi che si possono manifestare sui frutti, quelli giovani presenteranno piccole aree rossastre con un diametro compreso tra 1 e 2 mm che diventeranno più estese e ricoperte da incrostazioni gommose; sui frutti già cresciuti, invece, si avranno macchie rossastre che diventeranno di colore bruno.
I sintomi sui frutti si manifestano soprattutto su pesco e albicocco.
Gommosi del pesco: metodi di difesa
La difesa delle piante dalla gommosi del pesco, nel quadro complessivo delle tecniche di coltivazione, deve essere impostata correttamente fin dall’impianto del pescheto in quanto è molto importante per lo sviluppo e la crescita del pescheto stesso. I possibili metodi di difesa che possono essere adottati sono la prevenzione e la lotta con prodotti fitosanitari.
La prevenzione
I metodi di prevenzione contro la gommosi del pesco sono vari:
- controllo del materiale di moltiplicazione prima di costituire un nuovo impianto per escludere la presenza di malattie che possano danneggiare il nuovo impianto;
- buona norma è non mettere a dimora le drupacee in zone molto umide e poco ventilate;
- le concimazioni azotate e le irrigazioni non devono essere eccessive perché ritardano la lignificazione dei rami e, di conseguenza, aumentano la suscettibilità delle piante;
- evitare i ristagni idrici;
- asportare e bruciare tutti i rami infetti ed eliminare le foglie colpite, cadute a terra in autunno;
- evitare potature eccessive;
- effettuare due trattamenti preventivi con sali di rame alla caduta delle foglie e all’ingrossamento delle gemme, sulle piante colpite l’anno precedente.
La lotta
La lotta alla gommosi del pesco viene eseguita con prodotti fungicidi ammessi in agricoltura biologica. I principali trattamenti fungicidi saranno effettuati in due periodi dell’anno: in autunno, subito dopo la caduta delle foglie, e alla ripresa vegetativa, quando la temperatura comincia ad alzarsi e le gemme ad ingrossarsi.
I trattamenti vengono eseguiti utilizzando prodotti rameici, come ossicloruro o idrossido di rame; in autunno si potrà utilizzare anche la poltiglia bordolese. E’ molto importante, però, non mescolare i principi attivi fra di loro.
Un ultimo suggerimento che vogliamo darvi è quello di distribuire uniformemente il prodotto sulla chioma, infatti, il rame ha azione disinfettante e di copertura, ciò significa che non viene assorbito dalla pianta e quindi le parti della pianta sulle quali il prodotto non arriva non saranno protette.
Se vuoi approfondire le tue conoscenze sulla coltivazione del pesco, ti ricordiamo che sul sito di Agronotizie troverai una sezione interamente dedicata a questa coltura.
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