E se fosse la mela l’origine del tutto? Sfruttata come simbolo in ogni campo della conoscenza sembrerebbe il frutto più conosciuto e amato al mondo.
La troviamo nella Genesi biblica, come frutto della tentazione, del potere della conoscenza, rappresentata come immagine del paradiso, inoltre per molte popolazione di origine slava la mela rappresenta la prosperità.
Nella mitologia classica con Ercole che ruba le mele d’oro diventa simbolo dell’eterna giovinezza e ancora come un dono divino, simbolo della perfezione (ispirato dalla sua forma rotondeggiante) e della bellezza.
Il melo in fiore rappresenta l’amore, così come la spasmodica ricerca dell’anima gemella rappresentata da una mela divisa a metà.
Poi in epoca moderna ci pensano i Beatles con la loro casa discografica APPLE Corps, e ancora Steve Jobs con la sua Apple.
Ma l’immagine che ha colpito maggiormente fu la mela e Isaac Newton. La mela, l’osservazione, l’intuito, la conoscenza, la fama a livello planetario.
Nati non fummo ‘…per viver come bruti ma per seguir virtute e canoscenza’ così diceva Dante Alighieri nella sua famosa Commedia.
Ecco in sintesi cosa dovrebbe essere l’uomo ideale.
Come nasce un’idea, come si forma un concetto, una teoria. Essenzialmente dalla semplice osservazione e dalla sua conseguente sperimentazione.
Certo bisogna essere dotati di grande curiosità, di un certo intuito, di una brama di conoscenza che non si pone limiti.
E tutto ciò era insito in Isaac Newton, il grande matematico, astronomo inglese, per molti padre della teoria sulla gravità.
Nato nel 1642 è considerato uno dei più grandi scienziati di tutti i tempi e tra le altre cose fu anche presidente della prestigiosa Royal Society, la quale in occasione del suo 350mo anniversario, spedirà un ramo del melo nello spazio, come successe in una missione della Nasa con il cannocchiale di Galilei portato sulla Stazione Spaziale Internazionale.
Osservando cadere le mele dall’albero di fronte casa sua, durante la peste che aveva colpito gran parte dell’Inghilterra, notava che le mele cadevano sempre e solo in un’unica direzione, perpendicolarmente.
Guardava la mela e guardava la luna. Perché la luna non cadeva, perché la mela non cadeva di lato. Indietro o in avanti. Osservava, si chiedeva, sperimentava, concludeva. Era nata la famosa teoria.
Sebbene lo stesso Newton raccontava l’episodio in modo diverso, la leggenda della mela in testa è rimasta così radicata nell’immaginario collettivo che qualsiasi libro accademico e non ne fa cenno.
Qualche anno fa dei giornali hanno riportato la notizia della attuale esistenza del leggendario melo nel Linconshire e più precisamente a Grantham e la sua risonanza ha fatto sì che la casa e il giardino diventassero meta turistica.
L’albero, che è stato recintato, viene curato da giardinieri professionisti, ed è stato inserito nel Tree Council, una speciale classifica dedicata agli alberi che rivestono una certa importanza.
La storia riporta che l’albero andò distrutto da un fulmine e i suoi resti furono impiegati per la costruzione di articoli per fumatori.
Ma incredibilmente le sue radici rimasero intatte e l’albero crebbe rigoglioso come prima.
Ma cosa spinge la gente da ogni parte del mondo ad andare a visitare un semplice melo. Al mondo ci sono milioni e milioni di alberi simili.
Perché allora? È la strana voglia di simboli, la forza del simbolo stesso che segna la storia dell’uomo.
È quella benedetta curiosità, quella strana voglia di verificare il luogo dove un episodio, di per se banale, ha cambiato la visione del mondo; è un vivere la storia di persona ed è sicuramente quel ‘seguir virtute e canoscenza’ che ci definisce uomini e non animali.
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