Siamo abituati a “vedere” l’agricoltura sui vestiti. Basta pensare alle stampe floreali e ai disegni di frutta che rendono il mondo fashion accattivante da decenni sulle passerelle.
Ancora tutto da scoprire è, invece, l’agricoltura “dentro” i vestiti. Da un decennio a questa parte, infatti, si è aperto un vero e proprio mondo sull’impiego nel settore moda delle fibre di piante non convenzionalmente legate al mondo tessile.
Che la moda e l’agricoltura avessero un legame forte è un’evidenza storica, e in Italia il connubio è stato reso ancora più forte dall’interesse di alcuni stilisti per il settore agricolo.
Basta pensare a Carlo Benetton, conosciuto sì per il marchio di abbigliamento, ma anche per le sue aziende agricole in Argentina e per la Tenuta Maccarese, nel Lazio, di cui è stato presidente fino alla morte.
Un altro celebre esempio è dato dalla stilista Ilaria Venturini Fendi, pioniera dell’ecosostenibilità e imprenditrice agricola impegnata nel settore biologico.
In Italia il binomio moda-agricoltura si trova spesso al centro di dibattiti ed ha una larga rappresentazione nelle fiere e nelle manifestazioni. Questo perché entrambi i settori sono al centro del Made in Italy: così come esportiamo l’alta moda, veniamo anche ampiamente rappresentati per le nostre esportazioni di vini, oli e altri alimenti.
Oggi, questo connubio è diventato per molti versi una fusione. Sono diversi gli imprenditori agricoli o gli stilisti che hanno rotto il muro di separazione tra i due settori e hanno trovato il modo di collegarli a doppio filo.
Non parliamo solo delle classiche piante tessili alla base della produzione del settore di abbigliamento: abbiamo esempi concreti di come gli scarti alimentari possono essere impiegati nuovamente per la realizzazione di capi d’abbigliamento.
In America, l’azienda Cyrcular System porta avanti il progetto Crop-A-Porter trasformando gli scarti agricoli, come alberi di banane o foglie di ananas, in fibra biologica da utilizzare per nuovi tessuti.
Ciò è reso possibile dalla tecnologica brevettata Agraloop, che, al contrario di quanto si possa credere, è assolutamente a basso costo.
Il Global Change Award: moda e agricoltura premiate
Crop-A-Porter è inoltre uno dei progetti vincitori del Global Change Award, il premio annuale internazionale istituito dalla H&M Foundation (un’altra casa di moda) per incoraggiare l’uso di alternative sostenibili nel campo della moda.
Il Global Change Award fornisce altri casi di studio interessanti sul tema dell’unione fra moda e agricoltura. Altri vincitori dello scorso anno che vale la pena menzionare sono:
- Algae Apparel: il progetto si concentra sul potenziale tessile delle alghe, trasformandole in bio-fibra, con proprietà benefiche anche per la pelle di chi le indossa.
- Fungi Fashion: ebbene anche i funghi possono diventare vestiti, sfruttando la tecnologia 3D per creare abiti a partire dalle radici dei funghi.
- Grape Leather: una buona notizia per le aziende vinicole che raccolgono ogni anno gli scarti della lavorazione dell’uva. Gli scarti possono diventare una pelle 100% vegetale. L’idea è tutta italiana, e nasce dai quattro ragazzi della start-up Vegea.
- 100 Percent Citrus: altro progetto italiano di rilevanza internazionale, si prefigge di sfruttare le fibre degli agrumi, in particolare delle arance, per la produzione di materiale tessile. OrangeFiber, questo il nome del marchio, ha trovato posto negli scaffali dei negozi con la collezione dedicata di Salvatore Ferragamo.
E’ evidente che ci si muova verso una direzione: quella dell’economia circolare, in cui lo scarto di un prodotto diventa materia prima di un altro afferente ad un settore diverso.
Ecco perché l’agricoltura è al centro dell’interesse di tutti, con la sua capacità di fornire materiale utile per nuove creazioni all’infinito.
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