E se per combattere l’emergenza idrica mondiale si potesse trasformare la nebbia in una vera e propria fonte di acqua pura?
Un gruppo di ricercatori dell’università cilena Adolfo Ibanez di Vina del Mar, ispirandosi ad una pianta che cresce nel deserto cileno di Atacama, hanno progettato un dispositivo a maglie in grado di ricavare una grande quantità di “acqua di nebbia” dall’umidità presente nell’aria.
Questa straordinaria scoperta tecnologica potrebbe diventare un’innovativa ed efficiente fonte idrica che potrebbe essere un’importante risorsa per le comunità che vivono nelle zone più aride del pianeta ma potrebbe essere sfruttata anche per scopi agricoli ed industriali, per esempio per fabbricare birra o produrre prodotti cosmetici.
Indice
L’acqua di nebbia: i primi esperimenti degli anni ’60
Il sogno di poter bere acqua ricavata dall’umidità dell’aria è un’intuizione che in Cile risale già agli anni ’60, periodo in cui furono avviati molti progetti di studio per verificare questa teoria attraverso la progettazione di una tecnologia capace di produrre acqua in modo efficiente su larga scala.
Furono quindi installati dei primi dispositivi soprattutto in varie aree a nord del Cile, dove è maggiore l’assenza di acqua, ma le ricerche non hanno portato a risultati convincenti infatti la produzione di acqua di nebbia aveva un costo di produzione troppo elevato, perché ricavata da grandi superfici, e la quantità di litri di acqua raccolta era molto limitata.
Quali sono stati i motivi del fallimento dei primi esperimenti?
Secondo il ricercatore cileno Juan de Rios, dell’Università Cattolica di Santiago, gli studi finora finanziati sono stati interrotti dopo poco tempo dall’avvio perché sono stati localizzati in comunità povere senza le risorse necessarie a manutenzione i dispositivi da testare e sono mancati i finanziamenti delle imprese necessari per proseguire le ricerche.
L’unico risultato positivo dei primi esperimenti risalenti a decenni fa era che l’acqua raccolta, seppur scarsa e cara, era già buona da bere e non era necessario alcun ulteriore trattamento per trasformarla in acqua potabile.
Le nuove trappole cattura-acqua ispirate alla Tillandsia, la pianta senza terra
Per catturare l’acqua goccia dopo goccia i ricercatori cileni, guidati da Jacques Dumais, hanno progettato un nuovo prototipo che cattura l’umidità attraverso una rete a maglie progettata sul modello di una particolare pianta, la Tillandsia landbeckii, che fiorisce nel deserto cileno di Atacama, il più arido al mondo.
La Tillandsia, appartenente alla famiglia delle Bromeliaceae, è una erbacea sempreverde dalle radici poco sviluppate conosciuta in tutto il mondo come la pianta senza radici perché trae il proprio sostentamento direttamente dall’aria ed è capace di sopravvivere senza terra e senza acqua.
La Tillandsia landbeckii, oggetto di studio del team di ricercatori cileni, è una delle circa 500 piante appartenenti al genere Tillandsia, che riesce a catturare l’acqua dalla nebbia attraverso i suoi finissimi rami ricoperti di tricomi e una sorta di pellicola che avvolge la pianta consentendole di assorbire e immagazzinare l’acqua senza disperderla.
I risultati ottenuti con il nuovo prototipo sono veramente promettenti!
Il nuovo dispositivo, grande circa un metro quadrato, in due settimane ha permesso di raccogliere ben 85 litri di acqua pura rispetto ai soli 20 litri ottenuti attraverso il vecchio sistema di raccolta a maglie già diffuso in varie zone del Cile.
Ora che il prototipo è già stato testato con successo il team di ricerca cileno ha un solo obiettivo: trovare imprese disposte ad investire in questo progetto e a dare fiducia a questa geniale tecnologia cattura-nebbia inventata dall’uomo osservando la natura.
Laura Cannarella
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