In questo articolo parliamo dei Nematodi galligeni, patologia che si riscontra in molte piante orticole, e i vari metodi per contrastare i Nematodi galligeni
Indice
Cosa sono i Nematodi?
I Nematodi sono tutti gli organismi che vengono classificati scientificamente nel Phylum Nematoda. In questa classificazione fanno parte tutti quei vermi, cosiddetti cilindrici, che hanno un vero e proprio tubo digerente. I vermi che preoccupano noi agricoltori sono quelli che si comportano da parassiti, cioè che vivono a spese delle piante che noi coltiviamo (molto spesso anche a spese di alcuni animali).
I Nematodi si riproducono per via sessuata, cioè con l’accoppiamento tra sessi diversi.
La femmina depone le uova in un ambiente ottimale per le larve che nasceranno, di solito in terreni molto umidi, poco filtranti o con acqua ristagnate e vicino alle radici delle piante preferite.
Le uova e le larve possono rimanere a riposo nel terreno anche per anni, fino a che non riscontrino le condizioni ambientali ottimali, complicando ancor di più la loro disinfestazione.
In inverno, le uova rimangono attaccate alle radici della pianta, mentre le larve scendono in profondità nel terreno.
Esistono molte specie di Nematodi galligeni, per lo più appartenenti al genere Meloidogyne. Alcuni attaccano sopratutto la vite (Meloidogyne icognita e Meloidogyne javanica), altri il pomodoro, la carota, i peperoni, le melanzane, la bietola, il tabacco, la patata, la zucca da zucchini, le insalate, alcune piante arboree, come gli agrumi, o addirittura piante ornamentali da fiore, come la rosa (Meloidogyne arenaria, Meloidogyne hapla, Meloidogyne artiellia).
I Nematodi possono creare danni alle nostre colture sia in estate che in autunno, ma è praticamente impossibile distinguerne le varie specie se non al microscopio.
Quali sono le cause della loro presenza?
La comparsa di Nematodi è favorita senza dubbio dalle condizioni ambientali a loro ottimali, cioè dalle alte temperatura e dall’alta umidità relativa.
Molto spesso, in particolare nella coltivazione del pomodoro, si diffondono più facilmente se non vengono rispettate le rotazioni.
Infatti, le monocolture (quindi assenza di biodiversità!) e lo sfruttamento intensivo del suolo rientrano nelle cause principali della diffusione dei Nematodi, specialmente in serra.
Proprio in serra, la contaminazione è favorita da substrati infetti.
Certamente tra le cause principali è bene citare anche un inadeguato apporto di sostanza organica, causato da una sbagliata concimazione nei mesi precedenti l’infestazione.
Altra causa di meritata importanza è la trascuratezza della vegetazione infetta, che andrebbe eliminata prontamente.
Quali sono i danni causati dai Nematodi galligeni?
Come abbiamo detto, i Nematodi vivono nelle radici a spese della pianta.
Questo comporta un difficile e sicuramente ritardato riconoscimento da parte dell’agricoltore riguardo lo stato e l’entità del danno.
I Nematodi galligeni hanno un apparato boccale provvisto di stiletti: grazie ad esso riescono a perforare i tessuti della radice della pianta in modo da cibarsi della sua linfa grezza.
Così facendo, è comprensibile che i Nematodi provocano un inadeguato apporto di elementi nutritivi alla pianta, la quale, in mancanza di questi, crescerà con delle malformazioni e non sarà in grado di essere completamente efficiente dal punto di vista vegetativo-produttivo.
La pianta risulterà così deperita, con foglie ingiallite e appassite.
Ma la caratteristica distintiva che induce l’agronomo a constatare l’infestazione da Nematodi è senza dubbio la presenza di galle sulla superficie delle radici della pianta.
Le galle (da qui il nome di Nematodi galligeni) sono delle protuberanze di forma tendenzialmente sferica dovute ad una proliferazione delle cellule vegetali, proprio a causa della presenza del verme.
Spesso, a seconda del tipo di galla, si può riconoscere il Nematode responsabile dell’attacco.
Le galle contribuiscono ancor di più all’inadeguato apporto di sostanze nutritive dalle radici (specialmente quelle più piccole) alle parti aeree della pianta e, soprattutto se la pianta è giovane, ne possono provocare la morte prematura.
Quali sono le soluzioni per combattere i Nematodi?
In agricoltura convenzionale, i Nematodi vengono eliminati tramite l’utilizzo di prodotti chimici.
Questi intervengono direttamente nel terreno annientando i parassiti.
In alternativa ai prodotti chimici, i rimedi più efficaci partono come sempre da un’adeguata gestione del suolo e dalle giuste tecniche agronomiche applicate.
La prevenzione quindi è la parola chiave per contrastare questo tipo di avversità. Alcune soluzioni le abbiamo già citate sopra, come il favorire la biodiversità, le rotazioni colturali, l’apporto di sostanza organica (letame bovino). Le rotazioni andrebbero effettuate con specie poco sensibili all’attacco di Nematodi (graminacee).
Evitare i ristagni d’acqua e favorire una maggior filtrazione in terreni molto argillosi è un altro metodo da tenere in considerazione.
La concia delle sementi è fondamentale!
Questa tecnica protegge i semi e li rende più vigorosi nei confronti degli attacchi parassitari.
A fine coltura, è importantissimo sradicare le piante infestate e distruggerle (bruciarle).
Sempre a fine coltura è utile anche il sovescio.
Utilizzo di fumiganti
Un fumigante è un prodotto chimico che agisce, allo stato gassoso, contro patogeni e parassiti. Tra i vari fumiganti, il prodotto maggiormente impiegato è stato il Bromuro di Metile, altamente tossico e definitivamente vietato nel 2011. Ad oggi, la soluzione migliore sembra essere l’1,3-dicloropropene, autorizzato per il controllo dei nematodi nei terreni destinati alla semina o al trapianto delle colture di tabacco, melone, patata, anguria, carota, fragola, pomodoro, melanzana, peperone, zucchino, fiori, insalate, radicchio, barbabietola da seme, bietola rossa, erbe aromatiche, cetriolo, con Decreto del 10 aprile 2017.
Biofumigazioni
La tecnica della biofumigazione consiste nell’applicazione di sostanze naturali volatili dotate di attività biologica contro i patogeni e i parassiti del suolo. La tecnica è basata sul sovescio di piante “biocide” (ad azione fumigante) o sull’utilizzo di specifici prodotti da essi derivate.
Attualmente è una tecnica applicata in orticoltura ed in particolare in orticoltura biologica, dato che in questo caso è più frequente il ricorso alla pratica del sovescio. Ad oggi la biofumigazione è basata in particolare sul sistema glucosinolati–mirosinasi, tipico di piante erbacee appartenenti alla famiglia delle Brassicacee. Varie specie della famiglia delle Brassicacee (Brassica juncea, Brassica nigra, Eruca sativa ed altre) presentano nei loro tessuti elevate concentrazioni di glucosinolati.
Quando sottoposte a sovescio (trinciatura e interramento) queste piante danno origine a composti quali isotiocianati, nitrili o tiocianati. Tali composti si formano quando, a seguito della lesione dei tessuti della pianta, i glucosinolati, localizzati a livello cellulare all’interno dei vacuoli, vengono a contatto con l’enzima mirosinasi, presente invece nel citoplasma.
Recentemente sono stati messi in commercio anche dei prodotti biocidi secchi (pellet o farine) ottenuti da semi disoleati di brassicacee. Essi sono caratterizzati da un’elevata efficacia di azione grazie all’elevato contenuto di glucosinolati ed al fatto che la reazione di idrolisi avviene direttamente nel terreno a seguito di un intervento irriguo o di una pioggia.
Altri metodi, applicabili solo in coltivazioni da serra, sono la vaporizzazione, cioè l’innalzamento della temperatura del terreno tramite vapore emesso ad altissime temperature, e la solarizzazione, tecnica che sfrutta il riscaldamento ottenibile per effetto dell’esposizione alla radiazione solare. Sono metodi un po’ costosi.
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