Secondo la Nasa e l’Agenzia Spaziale Europea (ESA) l’uomo sbarcherà su Marte entro il 2050 ma gli astronauti come possono prepararsi alla missione spaziale di “ammartaggio”?
Attraverso esperimenti attraverso i quali simulare in tutto e per tutto le condizioni estreme di vita che dovrebbero affrontare sul Pianeta Rosso ricreandole sulla Terra!
Nasce per questo motivo HortExtreme, il primo orto “marziano” made in Italy realizzato dall’Agenzia spaziale italiana (ASI) in collaborazione con l’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile (ENEA) e l’Università di Milano.
Indice
I ricercatori italiani hanno portato i cavoli su Marte
L’esperimento più recente per simulare una missione con equipaggio umano su Marte è stata Amadee-18, la missione-simulazione internazionale coordinata dall’Austrian Space Forum della durata quattro settimane (dal 1 al 28 febbraio 2018) nell’Oman, nel deserto del Dhofar che per caratteristiche geo-fisiche presenta molteplici somiglianze con il Pianeta rosso.
Per studiare e testare strumenti, attività e procedure che potrebbero essere impiegate nelle future missioni umane all’interno del sistema solare 5 astronauti hanno compiuto 15 esperimenti e uno dei 4 esperimenti made in Italy aveva l’obiettivo di simulare la coltivazione delle piante su Marte attraverso un sistema che riproducesse le condizioni estreme che dovrebbero affrontare gli astronauti in caso di una missione spaziale sul Pianeta rosso.
L’orto “marziano” HortExtreme è costituito da un sistema di 4 metri quadrati, dentro una piccola serra costituita da una tenda gonfiabile fatta di tubolari, ideato e ottimizzato per coltivare 4 specie di verdure rosse (amaranto, cavolo cappuccio, senape e ravanello).
Perché queste micro verdure e non altre?
Le 4 verdure “marziane” coltivate dentro HortExtreme sono state selezionate perché il loro ciclo di coltura dura circa 15 giorni e perché sono degli alimenti ricchi di antiossidanti in grado di contrastare i radicali liberi e garantire un corretto apporto nutrizionale ai membri dei futuri equipaggi spaziali.
Come sono cresciute le verdure su Marte
Niente pesticidi né fitofarmaci ma solo luci a led, atmosfera controllata, riciclo dell’acqua (attraverso uno speciale sistema idroponico) e un sostrato inerte (cioè senza terra).
Grazie ad un’incredibile strumentazione tecnologica, molteplici microcamere perennemente puntate sulle piante e una rete di sofisticati sensori che lavoravano in tempo reale i micro vegetali rossi in coltura hanno potuto ricevere luce e sostanze nutritive ad intervalli regolari.
Il sistema di controllo remoto di monitoraggio delle condizioni ambientali necessarie alla coltivazione delle microcolture vegetali da parte di astronauti, ricercatori e tecnici che si trovavano in Italia non è avvenuto in tempo reale ma con un ritardo temporale di 20 minuti tra l’invio delle trasmissioni e la ricezione delle risposte per riprodurre la stessa identica condizione nella quale si troverebbero gli astronauti in missione su Marte in difficoltà nel coltivare le verdure per il proprio sostentamento.
I primi risultati dell’esperimento HortExtreme e prospettive future
Le prime verdure coltivabili su Marte sono già state mangiate ma il sistema utilizzato per farle crescere, che ha un elevatissimo grado di ottimizzazione riguardo i consumi di acqua ed energia, potrebbe essere sfruttato anche per le stesse colture sulla Terra.
Il prossimo obiettivo che il team di ricercatori italiani si è posto è quello di riuscire ad introdurre nell’orto “spaziale” anche il pomodoro, ricco di licopene e alimento caratterizzante la dieta mediterranea, ma dal ciclo di coltivazione troppo lungo, e la frutta.
Laura Cannarella
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