di Antonino Crapanzano
Oggi parleremo della malattia di una pianta originaria dell’area mediterranea, in particolare Europa e Asia, dove viene coltivata a scopo ornamentale, la rogna dell‘oleandro. L’oleandro, Nerium oleander (Linnaeus, 1753) è una pianta sempreverde, precisamente un arbusto, appartenente alla famiglia delle Apocynaceae.
Indice
L’oleandro in breve
L’oleandro presenta un portamento arbustivo molto denso. I suoi fusti sono poco ramificati e, partendo dalla ceppaia, inizialmente sono eretti e poi curvi verso l’esterno; i rami giovani saranno verdi e glabri mentre quelli vecchi presentano la corteccia di colore grigiastro.
Le foglie, di colore verde scuro, sono glabre e di consistenza cuoiosa, presentano un breve picciolo e sono inserite sullo stesso asse e sullo stesso piano, in numero di 2 o 3, a formare un verticillo. Le lamine sono sono lanceolate, di lunghezza compresa tra 10 e 14 cm, con margini interi e una nervatura centrale robusta e sporgente.
Dal mese di aprile–maggio fino all’autunno, l’oleandro regala fiori grandi e vistosi talvolta profumati, semplici o doppi e disposti sulle cime terminali. Ciascun fiore è composto da cinque petali il cui colore può variare dal bianco, al rosa, all’albicocco, al rosso o giallo in base alla varietà.
Le varietà della pianta di oleandro si differenziano, le une dalle altre, per la loro rusticità tanto da avere sensibilità molto differenti, infatti alcune varietà sono sensibili già a temperature di circa -4°C, altre sono più resistenti alle basse temperature tanto da adattarsi fino a temperature comprese tra -12°C e -15°C.
L’oleandro può essere coltivato a scopo ornamentale in vaso o in piena terra, nei giardini privati o pubblici e nelle nostre città è utilizzato soprattutto per la realizzazione di splendidi viali alberati, sui marciapiedi o nelle aiuole spartitraffico come cespuglio o siepe.
Una curiosità: l’oleandro è una pianta tossica. Tutte le parti di questo arbusto contengono l’oleandrina, un glicoside cardiotossico il cui contenuto sarà massimo durante la fioritura. Il tenore nelle piante coltivate è inferiore rispetto a quelle selvatiche e i fiori e le foglie secche ne contengono meno rispetto alle foglie giovani.
Rogna dell’oleandro: agente causale
L’agente causale della rogna dell’oleandro è un batterio chiamato Pseudomonas savastanoi. Gram negativo (batteri che assumeranno una colorazione rosa dopo aver subito la colorazione di Gram) Pseudomonas savastanoi è un batterio aerobico obbligato, bastoncellare, con uno o più flagelli e quindi capace di muoversi in ambiente liquido.
Questo patogeno è anche responsabile di malattie causate su piante appartenenti alla famiglia delle Oleaceae come l’olivo e, in particolare, gli specialisti hanno assegnato la denominazione di Pseudomonas savastanoi pv. nerii alla varietà patogenetica che causa la rogna dell’oleandro.
Veicolato dall’acqua piovana o di irrigazione, la principale causa di questa malattia è il contagio da una pianta infetta a una sana. La contaminazione su ampie distanze può essere dovuta all’utilizzo di attrezzature infette durante la potatura, al contatto fisico tra due piante durante temporali, causato dal vento.
La disseminazione su brevi distanze, invece, avviene mediante i tubercoli dove si originano cavità che hanno una elevata concentrazione di batteri, da queste si creeranno fenditure che, arrivando fino in superficie, diffonderanno l’infezione su altre parti della pianta o su piante vicine, in seguito alle piogge.
Il batterio potrà essere presente allo stato endofitico, quindi all’interno dei tubercoli o dei tessuti della pianta e allo stato epifitico e, in questo caso, si troverà sulla superficie di foglie, rami e frutti.
Gli esemplari maggiormente attaccati si trovano in ambienti dove si verificano gelate invernali, che causano lesioni dal gelo, o che hanno subito lesioni dovute alla grandine. Le ferite attraverso cui il batterio penetra all’interno dei tessuti della pianta possono essere dovuti anche a insetti, tagli di potatura o alla caduta delle foglie.
Pseudomonas svastanoi pv. nerii penetra nella pianta attraverso queste ferite causando lo sviluppo della rogna dell’oleandro e, di conseguenza, la comparsa di masse tumorali sulle foglie, sui rami e sui frutti. Avvenuta l’infezione, il batterio può diffondersi all’interno della pianta mediante il flusso linfatico.
Il periodo di incubazione del batterio ha una durata compresa fra 30 giorni e qualche mese, in base al clima, e con un optimun variabile dai 25°C ai 30°C durante i periodi umidi.
Rogna dell’oleandro: i sintomi
I primi sintomi dovuti alla rogna dell’oleandro si avranno con la formazione di escrescenze o protuberanze tumorali, tondeggianti, rugose e di colore scuro, chiamati tubercoli che possono trovarsi sulle foglie, sui fusti, sui boccioli fiorali e sui frutti.
Questi tubercoli possono avere un diametro di alcuni centimetri sui rami più giovani e possono essere di dimensioni maggiori sulle branche principali della pianta. Nel caso in cui l’infezione sia più grave, i tubercoli cancerosi possono circondare interamente il ramo determinandone il deperimento, la defogliazione e l’avvizzimento.
Pseudomonas savastanoi pv. nerii può colpire anche le foglie causando la comparsa di piccole bolle tumorali di colore marrone. Quando il batterio raggiunge le radici della pianta, questa si avvierà verso un repentino declino che rappresenta lo stadio più aggressivo della rogna dell’oleandro.
Il danno principale causato da questa malattia, possiamo affermare, che è principalmente di natura estetica poiché la fioritura sarà piuttosto ridotta o assente e si avrà la comparsa dei tubercoli. La loro formazione è dovuta a una sovrapproduzione ormonale di acido indolacetico (IAA) e citochinine.
L’acido indolacetico è un’auxina che stimola la crescita delle cellule vegetali per distensione delle parete cellulare, mentre le citochinine intervengono sulla divisione e distensione cellulare. L’interazione tra queste due componenti comporta una crescita smisurata dei tessuti che porterà alla formazione dei tubercoli.
Rogna dell’oleandro: metodi di difesa
I principali metodi di difesa per proteggere e curare le nostre piante dalla rogna dell’oleandro sono la lotta con prodotti appositi e la prevenzione.
Vediamoli meglio!
Lotta
Purtroppo, ancora oggi, non esiste alcun metodo di lotta contro la rogna dell’oleandro. Possono essere effettuati trattamenti con prodotti a base di rame, che hanno un’azione batteriostatica e non curativa, per contenere la malattia.
La loro applicazione viene eseguita esclusivamente su colture intensive e deve essere effettuata in seguito a potature, grandinate o in previsione di gelate invernali.
Prevenzione
Per evitare il contagio tra una pianta infetta e una sana possono essere attuate alcune pratiche agronomiche che permettono di prevenire l’insorgenza della malattia. Bisogna evitare concimazioni azotate eccessive perché possono causare una crescita vegetativa smisurata esponendo la pianta alla suscettibilità del freddo invernale.
Le piante di oleandro presenti sia in luoghi pubblici che privati bisogna tenerle nelle migliori condizioni vegetative effettuando le dovute lavorazioni nel terreno e favorendone il drenaggio al fine di evitare il ristagno idrico e, in tal senso, sarà necessario evitare l’utilizzo di impianti di irrigazione a pioggia.
La potatura anticipata contribuisce ad evitare l’infezione dei batteri veicolati dalla pioggia, le attrezzature dovranno sempre essere sterilizzate con immersione in preparati battericidi, i rami colpiti dovranno essere eliminati e bruciati e sarà necessario eseguire il trattamento delle ferite da taglio e di quelle causate dalla grandine.
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